La violenza di genere è un fenomeno strutturale e sistemico, radicato in stereotipi e credenze culturali tramandate da generazioni. Non si tratta di eventi isolati, ma del risultato di una cultura che alimenta le disuguaglianze e perpetua pregiudizi di genere. Questo contesto costituisce la base dell’iceberg della violenza, in cui i comportamenti più visibili e gravi sono sostenuti da atteggiamenti normalizzati e apparentemente innocui. Un elemento comune nelle diverse manifestazioni di violenza è la dinamica della pretesa e del controllo, che collega microaggressioni quotidiane e abusi veri e propri. Sebbene la cultura occidentale sottolinei l’importanza dell’equità nelle relazioni sentimentali, considerandola essenziale per un funzionamento adattivo, uno squilibrio di potere—reale o percepito—può trasformarsi in un fattore di rischio per la perpetrazione della violenza o la vittimizzazione rivelandosi terreno fertile per l'escalation verso forme di violenza più gravi, essendone l'anticamera. Questo problema non riguarda solo le relazioni adulte, ma si manifesta già in età precoce, nelle prime esperienze sentimentali degli adolescenti. In questa fase si formano le basi dell'identità relazionale e i primi modelli di amore, rispetto reciproco e consenso. Tuttavia, la normalizzazione di comportamenti disfunzionali mina queste fondamenta, influenzando profondamente la crescita emotiva e sociale dei giovani.
Come vivono questa dimensione gli adolescenti?
La Survey Teen 2024 condotta dalla Fondazione Libellula traccia un quadro preoccupante: molti adolescenti non riconoscono comportamenti abusivi come tali e interpretano gesti di controllo e gelosia patologica come segni di interesse o amore. Dunque, uno degli aspetti più complessi emersi dallo studio riguarda la difficoltà degli adolescenti nel distinguere tra gesti d'amore e comportamenti violenti.
Questo fenomeno è strettamente legato a narrazioni culturali che alimentano il controllo e la romanticizzazione di dinamiche disfunzionali, spesso presentate come normali o desiderabili. Questa visione distorta sottolinea una grave mancanza di educazione su ciò che il consenso realmente significa: un accordo esplicito, volontario e necessario per il rispetto della persona.
Vi raccontiamo degli aspetti di questo studio qui di seguito ma vi invitiamo a leggere l’interessantissima Survey Teen 2024.
Il consenso questo sconosciuto
Il consenso è spesso frainteso come implicito o accessorio, una distorsione che mina profondamente l'integrità delle relazioni. Questo messaggio banalizza i confini personali e normalizza comportamenti che violano il consenso, trasformandoli in gesti accettabili o addirittura romantici. La mancanza di consapevolezza sul significato del consenso lascia spazio a interpretazioni pericolose. Gesti invasivi, come baciare senza permesso o toccare senza consenso, sono percepiti come innocui, mentre rappresentano violazioni profonde dell'autonomia personale. È cruciale che i giovani comprendano il valore di questi gesti e il ruolo che il consenso gioca nel garantire relazioni sane e rispettose.
Il controllo confuso con l’amore.
Comportamenti di controllo, come decidere cosa il partner possa indossare, esigere l'accesso ai social network, imporre limiti sulle amicizie o chiedere la geolocalizzazione, sono spesso interpretati come segni d'interesse e amore, quando in realtà rappresentano i primi segnali di relazioni sbilanciate e oppressive.
Questi atteggiamenti, definiti "campanelli d'allarme", limitano la libertà individuale e possono evolvere in forme più gravi di abuso psicologico o fisico. Ragazzi e ragazze che vivono queste esperienze spesso sottovalutano le conseguenze di tali comportamenti, considerandoli manifestazioni di cura e attenzione del partner. Questa percezione è alimentata da modelli relazionali diffusi attraverso la famiglia, i social media e le serie TV, che spesso normalizzano la gelosia patologica e il controllo.
Un esempio significativo è il concetto di gelosia.
Spesso considerata un segno imprescindibile dell'amore, la gelosia patologica è in realtà frutto di insicurezza e paure irrazionali conducendo a delle reazioni esagerate e aggressive.
La gelosia adattiva, al contrario, può stimolare il dialogo e rafforzare la comprensione reciproca di bisogni e sentimenti se basata dati razionali.
L'educazione sentimentale diventa essenziale per aiutare i giovani a distinguere tra le due forme di gelosia, tracciando una linea chiara tra relazioni adattive e disadattive. L'amore, così come l'amicizia e altre relazioni funzionali, si basa sulla fiducia.
Relazioni prive di questo elemento sono destinate a generare insicurezza, controllo e, in casi estremi, violenza. Le differenze di genere giocano un ruolo significativo nella percezione del consenso e della violenza.
Come vengono educate le ragazze e i ragazzi a riguardo?
La Survey evidenzia come ragazze e ragazzi ricevano educazioni divergenti in merito.
Le ragazze sono spesso educate a proteggersi e a evitare situazioni di rischio, ma raramente ricevono strumenti per affrontare forme di controllo emotivo o psicologico, lasciandole vulnerabili a manipolazioni più sottili.
I ragazzi, invece, crescono spesso senza una chiara comprensione del rispetto dei confini altrui, influenzati da stereotipi che li spingono verso modelli di dominio e controllo. La cultura dominante, quindi, insegna alle ragazze come difendersi, ma non insegna ai ragazzi a rispettare i confini e ad assumersi le proprie responsabilità. Questa mancanza di educazione alimenta un sistema in cui entrambe le parti sono vittime: le ragazze di atteggiamenti abusivi, i ragazzi di un sistema educativo che non li responsabilizza.
È necessario spostare il discorso verso un piano di equità, in cui tutti possano sviluppare una comprensione sana e rispettosa delle relazioni. Inoltre, frasi come "se ti tira i capelli è perché gli piaci" o "sei pesante se ti arrabbi per un fischio" banalizzano esperienze di abuso, giustificando l’aggressore e spostando la responsabilità sulla vittima. Questo fenomeno si lega al victim blaming, che sposta l’attenzione dalle azioni di chi commette violenza alle scelte della persona che la subisce. Espressioni come "non avrebbe dovuto vestirsi così", "se non voleva, perché era lì a quell’ora?" o "con quel passato, cosa si aspettava?" trasferiscono implicitamente la responsabilità dell’abuso sulla vittima, minimizzando la gravità della violenza. Questi atteggiamenti fanno parte di una più ampia rape culture, una pseudocultura che tollera la violenza sessuale e giustifica l’aggressore attraverso narrazioni che presentano l’uomo come predatore naturale e la donna come preda sessuale. Questa cultura si manifesta anche nel linguaggio quotidiano e nelle interazioni sociali, contribuendo a una normalizzazione della violenza e perpetuando disuguaglianze di genere. Domandarsi "che peso hanno le parole che usiamo?" è fondamentale per comprendere come il linguaggio possa influenzare la percezione della realtà e contribuire alla tolleranza della violenza.
Le conseguenze di questa cultura in adolescenza.
Le conseguenze di queste dinamiche sono evidenti nelle esperienze quotidiane degli adolescenti. La Survey Teen 2024 rivela che
il 43% delle ragazze ha ricevuto commenti espliciti e indesiderati sul proprio corpo e che
1 ragazza su 4 ha subito richieste sessuali non volute.
Questi episodi non solo minano l’autostima delle giovani, ma influenzano negativamente la loro percezione del corpo e la capacità di costruire relazioni sane e rispettose. Allo stesso tempo, gli adolescenti LGBTQ+ affrontano violenze specifiche, spesso aggravate dall’isolamento sociale e scolastico. Il 40% degli adolescenti LGBTQ+ ha subito bullismo omofobico o transfobico: insulti, esclusione, aggressioni fisiche e cyberbullismo sono tra gli episodi più comuni.
Queste esperienze alimentano ansia, depressione e un senso di solitudine, rendendo questi giovani ancora più vulnerabili alla violenza. Un ruolo cruciale in queste dinamiche è giocato dalla mascolinità tossica, che influisce negativamente sia sui ragazzi sia sulle loro relazioni. Secondo la Survey, il 42% dei ragazzi si sente obbligato a rispettare standard di forza, dominanza e invulnerabilità. Questi standard li spingono a reprimere le emozioni e a giustificare comportamenti abusivi come reazioni "normali" a conflitti o frustrazioni. La mascolinità tossica non danneggia solo i ragazzi, ma genera relazioni squilibrate, in cui il controllo e l’aggressività diventano modalità accettabili di gestione del potere. Infatti, gli stereotipi di genere permeano profondamente la cultura adolescenziale, influenzando le aspettative e i comportamenti nelle relazioni interpersonali. Questi pregiudizi, tramandati culturalmente, costruiscono modelli rigidi di mascolinità e femminilità, ostacolando lo sviluppo di relazioni autentiche e basate sull’equità.
La Survey Teen 2024 evidenzia quanto questi stereotipi siano ancora radicati:
il 38% degli adolescenti ritiene che "le donne abbiano bisogno di un uomo che le protegga", mentre
il 36% pensa che "gli uomini abbiano bisogno di una donna che si prenda cura di loro".
Questi dati riflettono visioni rigide e limitanti che influenzano non solo la percezione di sé, ma anche il modo in cui si vede il genere opposto. Questo scenario evidenzia l'importanza di intervenire tempestivamente per promuovere una cultura relazionale più adattiva.
Per prevenire la cronicizzazione di atteggiamenti violenti, è essenziale intervenire fin dalle prime fasi dello sviluppo, promuovendo valori e credenze che sfidino stereotipi radicati.
Gli stereotipi di genere, infatti, influenzano i ruoli sociali e possono orientare gli individui ad assumere atteggiamenti giustificatori o tolleranti verso la violenza. Inoltre, la Survey Teen 2024 evidenzia che 1 adolescente su 3 ha subito episodi di violenza o commenti espliciti sul proprio corpo. Questo dato mette in luce una realtà preoccupante: il corpo degli adolescenti è costantemente sotto minaccia, sia fisica che simbolica. Tali episodi alterano la percezione di sé, portando a una svalutazione personale e a una riduzione della fiducia negli altri. È essenziale domandarsi come questi commenti influenzino la costruzione dell’identità e che valore venga attribuito al corpo degli altri, per comprendere l’impatto a lungo termine della violenza.
Assistere a fatti violenti.
Un elemento spesso trascurato è il ruolo di chi assiste alla violenza. Molti adolescenti si trovano intrappolati in un conflitto di lealtà verso i propri amici o coetanei, che li porta a non intervenire, anche quando riconoscono comportamenti abusivi. La domanda chiave è: quando una questione privata diventa una responsabilità comune? Educare i giovani a riconoscere la violenza non solo quando ne sono vittime, ma anche quando ne sono testimoni, è cruciale per costruire una cultura collettiva di rispetto e responsabilità. Per affrontare le dinamiche che perpetuano la violenza di genere tra adolescenti, è fondamentale investire in un’educazione affettiva e sessuale che vada oltre la semplice trasmissione di informazioni. Questa educazione deve concentrarsi sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva, una competenza chiave per prevenire atteggiamenti violenti e costruire relazioni sane. Viene definita come la capacità di riconoscere, comprendere e gestire le emozioni proprie e altrui, rappresentando un fattore protettivo contro la violenza di genere.
Educare per prevenire.
Studi recenti dimostrano che le ragazze riportano livelli più alti di intelligenza emotiva rispetto ai ragazzi, ma questa non è un’abilità innata: può essere insegnata e sviluppata. L’intelligenza emotiva consente di riconoscere segnali d’allarme nelle relazioni tossiche e di intervenire come testimoni di abusi. Investire nel suo sviluppo attraverso percorsi educativi è quindi una strategia fondamentale per prevenire la violenza e promuovere relazioni sane. I dati della Survey Teen 2024 di Fondazione Libellula sottolineano l’urgenza di affrontare la violenza di genere tra adolescenti. Per spezzare questa catena, è necessario un impegno collettivo che coinvolga scuole, famiglie, aziende e comunità. Solo fornendo ai giovani gli strumenti per riconoscere e combattere la violenza, promuovendo relazioni autentiche e rispettose, sarà possibile costruire una società equa e inclusiva. Per molte ragazze, l’essere protette o accudite viene erroneamente associato all’amore e alla sicurezza, mentre l’indipendenza o l’assertività possono essere percepite come una minaccia alla dinamica tradizionale della coppia. Al contrario, per i ragazzi, la necessità di apparire forti e dominanti rafforza l’idea che l’amore si dimostri attraverso il controllo o la superiorità, perpetuando una cultura di dominio maschile. Questi modelli predefiniti non solo limitano la libertà personale, ma impediscono la costruzione di relazioni equitative, dove entrambi i partner possano essere riconosciuti per la loro unicità e il loro valore. Infatti l’UNESCO sottolinea l’importanza di integrare nei programmi scolastici un’educazione alle relazioni che promuova salute, diritti umani ed equità di genere. Tuttavia, per essere efficace, questa educazione deve essere dinamica e partecipativa, aiutando i giovani a: riconoscere i segnali di pericolo nelle relazioni, distinguere tra dinamiche sane e tossiche, sviluppare empatia e intelligenza emotiva per favorire il rispetto reciproco e la comprensione e superare gli stereotipi di genere, che condizionano negativamente le aspettative e i comportamenti. Non basta un approccio informativo: è necessario coinvolgere attivamente gli adolescenti, creando spazi sicuri in cui affrontare temi delicati come la violenza, il consenso e l’autostima.
Il ruolo della scuola e della famiglia.
Le scuole rappresentano il luogo ideale per raggiungere la maggior parte degli adolescenti e hanno la responsabilità di progettare interventi efficaci e continuativi. Le scuole, quindi, devono diventare spazi dove gli studenti possano "abitare", sperimentando relazioni basate sulla fiducia e sul rispetto. Tuttavia, per massimizzare l’impatto, è fondamentale coinvolgere anche le famiglie in un dialogo costante perché svolgono un ruolo cruciale fungendo da modelli di relazioni sane e promuovendo ascolto e rispetto reciproco. Coinvolgere i genitori in percorsi educativi può rafforzare i messaggi trasmessi a scuola, creando un approccio sinergico. Le neuroscienze dimostrano che l’apprendimento coinvolge non solo il cervello, ma anche la sfera emotiva: è quindi fondamentale che le famiglie e le scuole collaborino per favorire lo sviluppo di un ambiente positivo e sicuro.
Il ruolo delle aziende: comportamenti etici!
Le aziende possono contribuire significativamente a questa trasformazione attraverso: campagne pubblicitarie consapevoli che sfidino gli stereotipi di genere e promuovano modelli positivi di comportamento, progetti educativi che finanzino programmi di sensibilizzazione nelle scuole e nelle comunità per combattere la violenza di genere, formazione del personale per creare ambienti di lavoro inclusivi, riflettendo valori di equità e rispetto e media e pubblicità che evitino rappresentazioni sessiste, esaltando invece la diversità e l’uguaglianza.
In conclusione
Questo approccio sistemico ha un impatto anche sugli adolescenti, poiché i valori trasmessi dagli adulti—genitori o meno—modellano le nuove generazioni. La violenza di genere, dunque, si manifesta quindi in molteplici forme tra gli adolescenti, colpendo sia ragazze sia ragazzi, così come gruppi minoritari come gli adolescenti LGBTQ+. Le esperienze di violenza non si limitano a contesti estremi, ma si radicano nel quotidiano, influenzando profondamente le percezioni di sé e le relazioni future. È, di conseguenza, fondamentale intervenire attraverso l’educazione affettiva e relazionale, sfidando stereotipi e modelli disfunzionali per promuovere relazioni basate sull’equità, sul rispetto e sull’autenticità.
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